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Chi abbia letto La terra desolata ricorderà (forse anche senza volerlo) l’incipit sulfureo sulla fertilità e l’enigmatica rinascita della natura:
APRIL is the cruellest month, breeding
Lilacs out of the dead land, mixing
Memory and desire, stirring
Dull roots with spring rain.
APRILE è il mese più crudele, genera
Lillà da terra morta, confondendo
Memoria e desiderio, risvegliando
Le radici sopite con la pioggia della primavera.
(trad. Roberto Sanesi)
Aprile è il nome del secondo rosato della cantina trapanese Fondo Antico, sempre a base Nero d’Avola. Rispetto a Memorie, non potrebbe esserci vino più diverso (e più lontano dai versi di T.S. Eliot): tanto è profondo ed intenso quello, vicino a un canto ancestrale, a un affondo in una dimensione epico-drammatica, quanto questo è lieve, fresco, avvolgente o, più ancora, travolgente.
A metà tra il tenue e il corallo, a seconda delle inclinazioni, sempre luminosissimo, ti conquista a primo approccio. Il melograno prima, o meglio ancora il suo succo, e poi la ciliegia morbida e fresca, quasi croccante e succosa, sempre più spiccata, e un bouquet di fiori tra cui già intuisci la sapidità scattante, che ti risveglia dal sogno. In bocca torna tutto, preciso, netto, ma non amplificato: Aprile è un vino immediato, coerente e, in questo senso, semplice. Un vino leggero – anche nel grado alcolico, 12,5% vol. – e armonico, fresco, un vino d’annata (beviamo, appunto, il 2017), ma ispiratissimo, che orienta all’allegria e alla compagnia senza lunghi sottotesti.
Se Memorie commuove con l’intimità della poesia più alta, Aprile mi fa tornare in mente certi versi sereni e sorridenti di Saba o le illuminanti visioni di Penna – o, più ancora, il canto di amici che ridono, felici di essersi ritrovati dopo il lungo silenzio dell’inverno.
L’ha ribloggato su vinidisicilia.
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