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Il primo whisky che io abbia comprato. Il Glenmorangie 10 y.o. è un n evergreen, un punto di partenza direttamente dagli Highlands. Una bottiglia arancione che emana allegria, freschezza, ammicca ai cocktail e all’estate; in più, con la sua forma slanciata, sembra richiamare i proverbiali alambicchi più alti di Scozia. Il che dovrebbe conferire maggiore raffinatezza alla distillazione.
Ma andiamo al calice e notiamo subito un colore giallo dorato, luminosissimo, e una consistenza media: via tutte le patine untuose o il rigore gravitazionale, il Glenmorangie scorre sciolto, è una bella ragazza che balla il cancan al Moulin Rouge e non dà troppo peso agli sguardi avidi sulle sue gambe. Al naso, quasi a confermare il colore, prevale una nota agrumata (soprattutto di arance, ma anche pompelmo): la frutta è piuttosto fresca, in fondo, con l’eterno zucchero a velo vanigliato di tanti whisky non torbati e mandorle bianche, più un fulmineo effluvio mentolato.
In bocca, invece, prevale l’essenza maltosa del distillato: meno fresco di quanto il naso faccia presagire, è un po’ più netto, spigoloso, pungente, senza essere “piccante”, si sente l’erba che passa ed è un po’ ruvido sul palato superiore, non mantiene le promesse e quella simpatica ragazza di cui sopra lascia il posto a una molto più morigerata (e sempliciotta) amica. Il finale non è breve, no, anzi, ma è monocorde e non troppo piacevolmente alcolico. Io l’ho usato per sfumare la salsiccia e per alcuni primi, ed è perfetto. Come dram quotidiano, invece, non mi si addice. Mi spiace, io passo oltre.